Che il mondo sia in piena crisi climatica è ormai un dato appurato da un moltitudine di studi forniti dalla comunità scientifica nel corso degli ultimi anni. La problematica principale non è tanto il cambiamento climatico in sé ma la velocità con la quale questo cambiamento sta avvenendo. Secondo un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, il cambiamento climatico avrà un grosso impatto negativo sull'economia mondiale entro i prossimi 25 anni. Si parla addirittura di un -19% medio che andrà a impattare sui prodotti interni lordi di tutte le nazioni mondiali, seppur con profonde diseguaglianze.
Lo studio, in lingua inglese, si può leggere a questo indirizzo: https://www.nature.com/articles/s41586-024-07219-0
Una “catastrofe annunciata”
I ricercatori Potsdam Institute for Climate Impact Research autori dello studio parlano senza mezzi termini di “catastrofe annunciata”: se anche oggi riducessimo in modo drastico le emissioni di gas serra in atmosfera, il clima continuerebbe, come per inerzia, comunque ad estremizzarsi negli anni a venire. E se facessimo, a livello globale, poco o niente per rallentare l'emissione di gas serra come effettivamente stiamo facendo? Ecco, in questo caso, farsi avanti la “catastrofe annunciata” trattata nello studio.
L'impatto economico sul mondo
Secondo quanto pubblicato da Nature, saranno 38mila miliardi di dollari in tutto il mondo i danni derivanti dalla crisi economica scatenata dalla sola crisi climatica. Per arrivare a questa stima, i ricercatori hanno raccolto i dati economici di 1.600 regioni in tutti i continente nell’arco di quattro decenni. Su questi dati si basa l'analisi degli impatti futuri dei cambiamenti climatici sulla crescita economica, considerando anche le profonde disuguaglianze con cui questo processo avverrà. I ricercatori sono giunti alla stima di una forbice che oscilla tra i 19mila e i 59mila miliardi di dollari in danni totali a partire dal 2050 in poi.
«La crisi colpirà con riduzione dei redditi Nord America ed Europa ma saranno Asia meridionale e Africa rischiano di essere le aree più colpite. Questo a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici su vari aspetti rilevanti per la crescita economica come la resa agricola, la produttività sul posto di lavoro o i danni alle infrastrutture», afferma Maximilian Kotz, ricercatore che ha guidato lo studio del PIK.
Un'emergenza, pesi diversi
La motivazione per una disuguaglianze tale nell'impatto del cambiamento climatico è duplice: da una parte, le aree sud asiatiche e africane partono da una base di temperatura più elevata rispetto a quelle temperate europee o americane. Gli impatti dei cambiamenti climatici contribuiranno, secondo questo studio, ad aumentare ulteriormente le disuguaglianze già presenti tra le diverse aree del mondo. In alte parole: andrà peggio per tutti ma, per alcuni, andrà un po' più male degli altri.
La necessità di un'economia etica
Etica e capitalismo sono due entità che difficilmente vanno di pari passo. In questa disequazione possiamo metterci dentro anche la sostenibilità, altra dinamica che raramente è stata presa in considerazione dai “grandi” dell'economia mondiale. Lo studia sottolinea la necessità di non limitarsi più a valutare il profitto a breve termine, ma a considerare l’impatto di medio e lungo periodo sulle risorse del pianeta e sul benessere delle generazioni future.
Secondo uno degli autori della ricerca, Anders Levermann, «i cambiamenti climatici portano con se profonde disuguaglianze. I Paesi tropicali soffriranno di più perché sono già caldi. Proprio loro, i Paesi meno responsabili della crisi climatica, rischiano di subire una perdita economica fino al 60% maggiore rispetto ai Paesi già oggi con un Pil più elevato».
L'ideologia non c'entra
Oramai non è più una questione di ideologia: il cambiamento climatico sta avvenendo e lo sviluppo sostenibile è un'assoluta ed urgente necessità. Ne va della salvaguardia, se non della sopravvivenza, della nostra specie. Da qui l'importanza, anche nelle piccole cose quotidiane (raccolta differenziata, limitazione degli sprechi, gestione oculata dei consumi), di tenere il problema bene a mente.