Nel 1972 il Club di Roma, istituzione fondata da Aurelio Peccei, commissionò al prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) uno studio sui limiti della crescita umana, intesa come risorse, civiltà e società. Lo studio, appunto, si intitolava così: i limiti della crescita.
La ricerca fu condotta da un team di ricercatori guidati dallo scienziato Dennis Meadows. Il rapporto "Limits to Growth" utilizzava modelli computerizzati (ovviamente con le tecnologie dell'epoca) per esplorare le implicazioni delle tendenze globali di crescita demografica, industrializzazione, inquinamento, esaurimento delle risorse naturali e altri fattori sulla sostenibilità a lungo termine del pianeta Terra.
Il rapporto, già allora, sottolineava che se le tendenze di crescita continua nella popolazione, nell'economia e nell'uso delle risorse naturali non venissero invertite, il pianeta avrebbe raggiunto i suoi limiti fisici entro il XXI secolo, portandolo verso il collasso irreversibile della civiltà umana. Il rapporto del 1972 suggeriva che il mondo avrebbe potuto raggiungere questi limiti intorno al 2040, se non fossero state apportate significative modifiche ai modelli di sviluppo economico e sociale.
Ed invece com'è andata? E, soprattutto, cosa succederà nei prossimi anni?
Prevedere con precisione l'aumento della popolazione mondiale nei prossimi 50 anni è complesso e soggetto a numerosi fattori, tra cui tassi di fertilità, mortalità, migrazione e cambiamenti socio-economici. Tuttavia, ci sono proiezioni fatte da organizzazioni come le Nazioni Unite che forniscono stime basate su scenari plausibili. Secondo le proiezioni medie delle Nazioni Unite, se i tassi di fertilità continueranno a diminuire e le condizioni socio-economiche miglioreranno in molte parti del mondo, è possibile che la crescita della popolazione mondiale rallenti rispetto al passato, ma continuerà comunque ad aumentare. Ad esempio, le Nazioni Unite prevedono che la popolazione mondiale potrebbe raggiungere circa 9,7 miliardi di persone nel 2050.
Il dibattito che seguì la ricerca
Il rapporto “Limits to Growth” aprì un ampio dibattito sia dentro che fuori la comunità scientifica. In particolari in tanti hanno sottolineato come alcune previsioni fossero probabilmente estreme: lo studio, infatti, avrebbe troppo sottovalutato la capacità dell'innovazione tecnologica e dell'adattamento umano nel mitigare i problemi ambientali e risolvere le sfide che affrontiamo. Nonostante ciò, il rapporto ha contribuito a mettere in luce l'importanza di una gestione sostenibile delle risorse e dei processi di crescita economica. Una dinamica che adesso è sulla bocca di tutti ma che, nel mondo del 1972, era una visione assolutamente lontana e imperscrutabile.
Dal 1972 sono passati 52 anni. La società e il nostro mondo hanno subito trasformazioni impensabili. Qualcosa di molto importante, però, è rimasto di quello studio: l'esistenza di limiti fisici al tipo di crescita economica e di utilizzo delle risorse che possiamo sostenere a lungo termine. Un tema che venne fuori nel 1972 e che, nel 2024, risulta attualissimo.
L'elemento chiave: l'aumento demografico
Nel rapporto "Limits to Growth", la crescita demografica era, non a caso, considerata uno dei fattori chiave per la sostenibilità a lungo termine del pianeta Terra. La popolazione mondiale, infatti, era ed è un elemento fondamentale per comprendere la domanda di risorse naturali, l'inquinamento e la pressione sull'ambiente. Dal 1972, anno di pubblicazione del primo rapporto del MIT, ad oggi, la popolazione mondiale è aumentata drasticamente. Nel 1972, la popolazione mondiale era di circa 3,9 miliardi di persone. Secondo le stime più recenti delle Nazioni Unite, nel 2022 la popolazione mondiale ha superato i 7,9 miliardi di persone.
Quindi, in circa 50 anni, la popolazione mondiale è aumentata di oltre 4 miliardi di persone. Un tasso di crescita elevatissimo, alimentato da una combinazione di fattori: il declino della mortalità infantile, l'aumento dell'accesso all'assistenza sanitaria, l'urbanizzazione e altri cambiamenti demografici e socio-economici.
Considerazioni del 2024: siamo vicini alla fine?
Occorre preoccuparci di questo aumento demografico? C'è il rischio che le risorse finiscano davvero, avviando così la fine della civiltà? Senza voler semplificare troppo una dinamica estremamente complessa, possiamo già dire che preoccuparsi e basta non serve a niente. Ciò che serve, più di tutto, è la consapevolezza che le risorse non sono infinite e che il nostro mondo sta cambiando ad una velocità supersonica, anche attraverso stravolgimenti improvvisi a cui, come singole persone, dobbiamo prepararci. Per questo un occhio veramente attento ai cambiamenti climatici, sociali e demografici è, oggi più che mai, necessario. Noi, nel nostro piccolo, lo stiamo facendo e continueremo a farlo.