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Anche se le attuali politiche sul clima riuscissero a contenere l'aumento della temperatura globale a 3°gradi centigradi, la mortalità causata dalle variazioni di temperatura comunque continuerebbe ad aumentare, e non di poco. Senza ulteriori misure di adattamento, entro la fine del secolo si potrebbero registrare 55mila decessi ogni anno a causa del caldo nella sola Europa.
Questo è quanto emerge da uno studio paneuropeo pubblicata su The Lancet, condotta dal Centro comune di ricerca (Joint Research Centre) della Commissione europea. L'agenzia opera attraverso 7 istituti di ricerca situati in 5 Stati membri, tra cui Italia, Germania, Belgio, Spagna e Paesi Bassi. Un incremento della mortalità del 13,5% in soli 75 anni evidenzia come ritardare le azioni per il clima comporti un costo significativo non solo in termini economici ma anche di vite umane. E che dobbiamo fare presto a trovare una soluzione per poter combattere le ondate di caldo estremo, soprattutto in Italia.
Lo studio, in lingua inglese, è consultabile liberamente a questo indirizzo: https://www.thelancet.com/journals/lanpub/article/PIIS2468-2667(24)00179-8/fulltext
Il freddo è ancora più pericoloso
Lo studio evidenza come le morti per le temperature troppo rigide superino ancora quelli per troppo caldo. Presto, però, questo divario potrebbe ridursi di molto, specialmente nel sud Europa, Italia compresa. I risultati dello studio, infatti, mostrano una disparità nella mortalità associata alla temperatura in tutta Europa, sia freddo che calda. Un sintomo, questo, che il clima si sta estremizzando in tutti i senti.
I decessi causati dal freddo si verificano attualmente 2,5 volte più spesso nell'Europa orientale rispetto a quella occidentale, mentre i decessi legati al caldo sono oltre sei volte più frequenti nelle regioni meridionali del continente. Le morti dal caldo, insomma, stanno aumentando molto più velocemente dei morti di freddo.
Con il progredire del riscaldamento globale, le proiezioni indicano un forte aumento delle morti causate dal caldo: con un incremento della temperatura di 4 gradi centigradi, il rapporto tra le morti causate dal caldo e dal freddo calerebbe, diventando addirittura di 1 a 2,6
La situazione europea
Lo studio analizza l'attuale e futura mortalità in eccesso legata alle variazioni di temperatura in 1.368 regioni europee di 30 paesi, inclusi i 27 Stati membri dell'UE, Norvegia, Svizzera e Regno Unito, tenendo conto di fattori come l'età, la vulnerabilità socioeconomica e ambientale. Nell'ultima fase statistica di cui abbiamo dati completi, quella tra il 1991 e il 2020, circa 407.000 persone sono morte ogni anno in Europa a causa di temperature estreme: 363.500 per il freddo e 43.700 per il caldo.
In uno scenario di riscaldamento di 3°C (purtroppo molto vicino con gli attuali trend di crescita termica), la mortalità legata al caldo potrebbe triplicarsi, colpendo in particolare l'Europa meridionale. In Grecia, i decessi annuali potrebbero aumentare da 1.730 a 4.767, in Francia da 3.061 a 13.564, in Italia da 10.433 a 28.285, e in Spagna da 4.414 a 20.194.
Complessivamente, con un riscaldamento di 3°C, l'Europa potrebbe vedere un incremento di 14,9 decessi ogni 100.000 persone entro il 2100, con notevoli differenze tra le regioni: da una riduzione di 29 decessi in Lettonia a un aumento di 95 a Malta.
L'Italia è tra le più “inguaiate” per il caldo anomalo
Entro il 2050, lo studio prevede che le aree più colpite dal cambiamento climatico in Europa saranno concentrate principalmente nel sud, specialmente in Spagna, Italia, Grecia e parte della Francia. L'Italia, non così distante dal continente africano dal quale sta ereditando il clima, sta già sperimentando estati con ondate di calore estremo per lunghi periodi: già adesso, nelle zone di pianura, non è raro imbattersi a serie di temperature massime oltre i 35 gradi anche per 20-30 giorni consecutivi.
Anche l'Europa orientale sperimenterà un significativo riscaldamento, ma con una riduzione complessiva della mortalità, specialmente per l'aumento delle temperature che mitigherà gli inverni. Nel nord Europa, le estati saranno più calde ma non letali, anche se l'invecchiamento della popolazione aumenterà la vulnerabilità al caldo estremo. Questi dati sono fondamentali per aiutare i responsabili politici e le autorità a pianificare interventi mirati a contrastare le sfide che minacciano i sistemi sanitari, soprattutto durante periodi di temperature estreme, ponendo l'accento sulle aree e sulle persone più vulnerabili.
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Il cambiamento climatico e l'inquinamento stanno avendo un impatto crescente sulle nostre vite, e questo ben lo sappiamo. Una delle conseguenze dirette di questa dinamica, però, è meno nota rispetto ad altre: parliamo infatti della riduzione della fertilità. Non che sia una novità assoluta: questo legame tra inquinamento e fertilità è noto alla scienza da tempo ma è stato recentemente aggiornato con i risultati di uno studio presentato ad Amsterdam, durante il 40° congresso annuale dell’Eshre, la società europea di riproduzione umana ed embriologia.
La ricerca, pubblicata sulla rivista "Human Reproduction", rivela che l'esposizione al particolato fine può ridurre significativamente le probabilità di successo della fecondazione in vitro, con una diminuzione del tasso di nascite del 40% nei casi più estremi. La statistica è particolarmente interessante, considerando i livelli di particolato che si raggiungono ogni anno in molte città italiane ed europee, non solo metropoli. Lo studio, condotto da ricercatori australiani, ha monitorato per otto anni 1.836 pazienti sottoposti a 3.659 trasferimenti di embrioni congelati.
L'esperimento scientifico
Le donne coinvolte avevano un’età media di 34 anni al momento del prelievo degli ovociti e di 36 anni al momento dell’impianto degli embrioni. Gli scienziati hanno esaminato in particolare l’esposizione al Pm10 nelle due settimane precedenti la raccolta degli ovociti e al Pm2,5 nei tre mesi precedenti. Ebbene, suddividendo le pazienti in base ai livelli di esposizione, è emerso un chiaro andamento negativo: più alta è l'esposizione al particolato fine, minori sono le probabilità di successo della gravidanza. Proprio le pazienti più esposte al Pm10 hanno mostrato una riduzione delle probabilità di portare a termine la gravidanza fino al 40%.
«L’effetto negativo è stato evidente, evidenziando la vulnerabilità della salute riproduttiva anche in contesti con livelli di inquinamento relativamente bassi», ha commentato Sebastian Leathersich, autore principale dello studio e specialista in fertilità al King Edward Memorial Hospital di Subiaco, in Australia.
Il caso Italia
Gli effetti dell'inquinamento sulla salute pubblica sono molteplici e tutti preoccupanti, anche in Italia. L'inquinamento, d'altronde, è lo stesso in ogni parte del mondo: cambia solo la sua concentrazione. «Per troppo tempo – sottolinea Daniela Galliano, specialista in Ostetricia, Ginecologia e Medicina della Riproduzione, responsabile del centro PMA di Ivi a Roma in una recente dichiarazione apparsa sul Quotidiano Nazionale – gli effetti dell’inquinamento e dei fattori ambientali sull’infertilità sono stati sottovalutati. Alla luce delle nuove ricerche, incluso lo studio presentato ad Eshre, e considerando che, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente, nel 2023, 18 città su 98 in Italia hanno superato i limiti giornalieri di Pm10, è necessario agire tempestivamente».
Tra i fattori ambientali più coinvolti nel calo di fertilità vi sono gli interferenti endocrini, sostanze che possono alterare il sistema endocrino e causare effetti negativi sulla salute e sulla prole. L'aria che respiriamo ha il suo peso, è vero, ma ci sono anche i composti chimici dannosi che possono essere rilasciati nell’ambiente attraverso l'inquinamento atmosferico, le acque o i suoli. «Non solo: l’alimentazione è uno dei principali veicoli di esposizione agli interferenti endocrini: secondo stime recenti, in assenza di interventi per ridurre il rischio, l'esposizione a questi composti contribuisce almeno al 20% dei casi di malattie riproduttive, come l'endometriosi, l'infertilità maschile e il criptorchidismo» ha concluso Galliano.
Lo studio prosegue
Il prossimo passo, a livello scientifico globale, sarà comprendere meglio i meccanismi biologici attraverso i quali il particolato fine e l’inquinamento ambientale influiscono sulla fertilità. Intanto, però, noi segnaliamo questo ennesimo punto a favore nel prendere le distanze, letteralmente, dalla città, dal suo caos e dalle sue conseguenze.
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Che la natura faccia bene alla psiche di ognuno di noi non è un luogo comune, tanto meno un falso mito. É semplicemente realtà. A dimostrarlo c'è anche un recente progetto di terapia forestale ideato e realizzato da “Foresta Modello delle Montagne Fiorentine”, iniziato lo scorso giugno con i primi appuntamenti aperti al pubblico. Il progetto è stato ideato e finanziato all'interno del piano di “Sviluppo Rurale” della Regione Toscana e si concluderà a marzo 2025.
Come si compone il programma di questa esperienza incentrata sull'ambiente rurale di cui tanto parliamo? Il CNR (acronimo per “Consiglio Nazionale della Ricerca”) ha individuato una serie di percorsi accessibili a tutti, per non creare alcun ostacolo fisico ai potenziali partecipanti, da utilizzare come luoghi di terapia. I quattro itinerari del progetto toscano, tutti in provincia di Firenze, partono da San Godenzo, Londa, Reggello e Rufina. Non si tratta di semplice passeggiate: agli appuntamenti partecipano anche guide ambientali e psicologici che, insieme, accompagnano i visitatori nella camminata. Un giorno nel verde che diventa, a tutti gli effetti, una terapia di gruppo.
Basta ansia, ci pensa il verde
Obiettivo di queste camminate è l'abbattimento dei livelli di ansia, uno delle problematiche che più affliggono la popolazione occidentale. Ogni gruppo non deve superare le 20 persone totali, per evitare eccessivo caos. Durante la camminata, che dura solitamente mezza giornata, sono previste quattro soste lungo il percorso per permettere ai partecipanti di concentrarsi sui cinque sensi umani e ritrovare il contatto con la propria realtà, lontano dal chiasso e dallo stress della città e del lavoro.
Le soste avvengono in punti studiati dalle guide nelle aree più adatte individuate delle ricognizioni effettuati prima degli eventi. I primi appuntamenti hanno visto una partecipazione anagraficamente trasversale, con anziani accanto a persone molto giovani. L'ansia, purtroppo, non conosce età ma fortunatamente il verde dei boschi può dare una grossa mano.
«Gli effetti benefici sulla salute che derivano dall’esposizione agli ambienti forestali – sottolinea Francesco Meneguzzo dell'Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche –sono noti da decenni, tanto che in alcuni paesi la terapia forestale ha un ruolo riconosciuto nella prevenzione medica, con risultati in termini psico-fisiologici confermati da una crescente produzione scientifica.
La Terapia Forestale si inscrive oggi a pieno titolo tra i tanti e preziosi servizi ecosistemici offerti dalle foreste, molti dei quali solo brevemente affrontati nelle prossime pagine. L’immersione in foresta produce effetti diretti e misurabili con un’azione ad ampio spettro che investe, tra le altre, la sfera psicologica, neurologica, cardiocircolatoria e immunitaria. I tanti stimoli presenti nella foresta agiscono in modo sinergico, e sono mediati da tutti i sensi umani, dalla vista all’udito, dal tatto al gusto e all’olfatto». Sono tante le esperienze di terapia forestale, anche all'estero, che hanno avuto una ampia partecipazione e hanno funzionato. «I risultati ottenuti da queste ultime esperienze – conclude Meneguzzo –, sebbene per il momento limitati alla sfera psicologica, sono andati anche al di là delle aspettative».
Cosa favorisce lo stress: la città
Di quanto la città possa incidere negativamente sui nostri livelli di stress e benessere psicologico ne avevamo già parlato in questo articolo: https://metropolirurali.com/l-opinione/438-la-citta-ci-rende-pigri-e-piu-deboli-fisicamente-lo-dice-la-scienza.html
Anche la scienza conferma quella che per molti è già una sensazione: secondo un articolo apparso sul sito della Fondazione Veronesi, le persone che vivono in città hanno una probabilità di subire un attacco di panico superiore del 20% rispetto a chi vive in aree rurali. Addirittura la probabilità aumenta sino al 40% per tutti i disturbi tipici dell'umore come la depressione.
Non solo, secondo un numero crescente di psichiatri, la schizofrenia colpirebbe con una probabilità doppia chi vive in città e, dato curioso, quanto più la metropoli è popolosa. Che non sia il caso di iniziare a valutare seriamente l'ipotesi di risiedere in aree più verdi lontano dalla frenesia della città?
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In Pianura Padana e in alcune regioni di pianura del centro Italia si respira l'aria tra le peggiori d'Europa. É un dato che allarma la popolazione da decenni ma che, fino adesso, non ha trovato ancora soluzione: le polveri sottili in pianura sono e rimangono un enorme problema per la salute della popolazione. Secondo uno degli ultimi studi sull'argomento, redatto dalle Università di Harvard, Birmingham, Leicester e dell’University College di Londra, nel 2018 l’inquinamento atmosferico prodotto dalla combustione di combustibili fossili ha causato ben 8,7 milioni di morti a livello globale. Persone rimaste uccise da malattie dove l'inquinamento atmosferico ha rappresentato un «contributo chiave al carico globale della mortalità delle malattie».
In particolare, a mietere vittime sono alcuni agenti: le polveri sottili (PM10 e PM2.5, con queste ultime che non dovrebbero superare una concentrazione di 10 microgrammi per metro cubo, in media). Mentre il biossido di azoto (NO2) dovrebbe rimanere al di sotto dei 40 microgrammi. Si tratta, infatti, di sostanze che possono provocare, specialmente nelle grandi città inquinate dal traffico stradale e dai sistemi per il riscaldamento delle abitazioni,gravi ripercussioni sulla salute pubblica, malattie cardiovascolari e respiratorie, problemi legati alle gravidanze o ancora alla crescita del feto e dei bambini. Le aree più inquinate sono quelle in pianura, solitamente non vicine al mare a meno di trovarsi in città portuali industriali come Taranto, Mestre o Livorno. Il vero problema è la Pianura Padana: l'enorme area di pianura è in tutto e per tutto un catino, in cui l'aria ristagna per giorni protetta ad ovest, a nord e a sud dalle montagne.
Secondo uno studio pubblicato da dalla rivista scientifica Lancet Planetary Health Journal, Brescia, Bergamo e Vicenza sono risultate rispettivamente al primo, secondo e quarto posto in termini di morti causate dalle polveri sottili. Al terzo e quinto posto dei decessi attribuibili al biossido di azoto figurano le italiane Torino e Milano. Un altro fatto che non aiuta il diradamento dello smog è il clima delle nostre aree di pianura, che prevede in maggioranza lunghi periodi di stabilità atmosferica che non permettono il normale ricircolo d'aria come accade, ad esempio, alle latitudini più alte o più vicini alle coste Atlantiche sferzate da venti pressoché costanti. Basta elevarsi di qualche centinaio di metri è le cose migliorano sensibilmente: salvo casi particolari legate ad industrie particolari o agenti inquinanti, lo strato di smog si dirada sensibilmente già a partire dai 150 metri di quota, con qualità dell'aria migliore via via che si sale di quota. Ovvio, che occorrono dei distinguo: Torino città si trova a circa 240 metri di quota ma è comunque posta ai piedi delle montagne su un territorio sostanzialmente pianeggiante.
In questo caso per trovare aria in media molto più pulita rispetto alla città bisognerà alzarsi fin sui 400 metri sul livello del mare. In Toscana la piana fiorentina (che comprende le città di Pistoia, Prato Firenze) è un'altra zona ad alto rischio, con svariati sforamenti dei valori delle polvere sottili specialmente nel periodo invernale. Le aree di bassa collina, appena sopra i 200 metri, respirano tutta un'altra aria. Per tenere sotto controllo costante la qualità dell'aria che respiriamo, e rendersi conto in tempo reale delle differenze tra zone e zone, esiste il sistema MonIQA. Si tratta di una mappa interattiva sulla quale vengono indicati i valori della concentrazione delle sostanze come particolato atmosferico, biossido di azoto, monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene in tutta Italia.
Cliccando sulla varie città viene fuori una finestra in cui sono indicati i risultati della misurazione delle sostanze inquinanti con il relativo limite di riferimento, quindi l’indice percentuale e il giudizio globale. Il link, che consigliamo vivamente di inserire tra i propri preferiti, si trova a questo indirizzo https://moniqa.dii.unipi.it/#mappa Noi, intanto, vi consigliamo di tenere sotto controllo la vostra zona di residenza e di verificare quante volte, in un anno, la qualità dell'aria scende sotto i livelli accettabili. Ricordatevi che quando alla vostra quota si respira aria poco sana, solo 300 metri più in alto c'è tutta un'altra situazione.
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Finalmente la lunga brutta storia dell'assenza di pediatra sulla montagna pistoiese è destinata a finire. Entrerà in servizio a inizio marzo, infatti, la nuova pediatra di famiglia che assisterà i piccoli pazienti di Abetone Cutigliano e San Marcello Piteglio. Si chiama Leila Capuzzo, ha 56 anni ed è originaria di Pescia. La sua entrata in servizio non è immediata: sarà a marzo perché -come prevede il contratto dei pediatra di famiglia- devono passare 90 giorni dalla nomina all'effettivo inizio del servizio.
La situazione della pediatra sulla montagna pistoiese era arrivata anche in consiglio regionale, dove è stato sollecitato alla Asl Toscana Centro un bando pubblico sperimentale per reclutare pediatri specifico per le aree interne. Un bando straordinario, che è riuscito a trovare in tempi relativamente brevi una soluzione che i bandi ordinari non erano riusciti a proporre. Non è escluso che questa graduatoria specifica per le aree interne possa essere replicata anche in altre zone rurali dove, purtroppo, dottori o professionisti della sanità latitano.
Adesso ai residente delle aree rurali e montane dei due comuni interessati occorrerà, ancora una volta, armarsi di pazienza ed attendere l'inverno per poter contare sul servizio pediatrico. Fino ad allora, sarà necessario servirsi dai professionisti con gli studi a valle. Sarà, comunque, l'ultima volta che i residente di questi comuni si troveranno a fronteggiare disagi simili.
«Finalmente una bella notizia – ha detto il sindaco di San Marcello Piteglio Luca Marmo –. Dopo mesi di confronti con la Asl, finalmente arriva il nuovo medico pediatra a partire da inizio marzo. Una scelta, quella della dottoressa, volontaria e di grande sensibilità. Quelli che viviamo sono tempi complicati per l'organizzazione sanitaria. Bisognerà continuare a lavorare sui meccanismi che possano incentivare i medici ad operare nelle zone montane. C'è un grande tema, tutto di cultura e di sensibilità, che deve legare le prestazioni dei professionisti al valore della Montagna e alla necessità di mantenere attivi i servizi quali presidi fondamentali per garantire la presenza delle persone sul territorio».
Infine, una piccola riflessione anche da parte nostra: inizialmente avevamo letto sbigottiti la comunicazione dei mesi scorsi che centinaia di bambini della montagna sarebbero rimasti senza pediatra, con tutti i rischi di depauperamento di servizi per i residenti della zona. Abbiamo seguito la vicenda passo passo e, con oggettiva soddisfazione, abbiamo notato che questo grande problema delle aree rurali è stato preso di petto dalle istituzioni e della Asl, che dopo qualche momento di indecisione ha provveduto in tempi brevi a trovare una soluzione, arrivando fino al consiglio regionale.
Si doveva arrivare a questo punto? No, probabilmente la soluzione doveva essere trovata ancora prima che la mancanza del pediatra in un'area così grande diventasse realtà. Comunque, nonostante una lunga serie di disagi che andranno avanti fino a marzo, una soluzione è stata trovata. Allora, forse, non tutto è perso per queste zone. Il rilancio è ancora non solo possibile, ma probabile.
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Alla fine il buon senso ha prevalso. La montagna pistoiese torna ad avere un medico di famiglia: sarà il dottore Gianmaria Brizzi, che da questo lunedì 15.11.2021 aprirà gli Ambulatori nelle frazioni di Cireglio, Pracchia, Orsigna e Le Piastre rispettando così, come indicato dall’Azienda Sanitaria, il vincolo di attività ambulatoriale nelle aree collinari e montane. I pazienti che erano in carico fino al mese scorso al dottor Simone Iadevaia saranno assegnati automaticamente al dottor Brizzi. L'incarico del dottore è a tempo determinato e, per il momento, il suo contratto ha validità di un anno.
Alcune considerazioni: le istituzioni e l'Asl, dopo qualche iniziale spaesamento, hanno risposto in modo concreto ad una problematica enorme come l'assenza del dottore per un territorio così vasto. Da subito si è data grossa rilevanze alle (sacrosante) richieste della popolazione della montagna pistoiese che affermava nient'altro che il diritto alla salute pubblica sancito dalla legge. Tuttavia non è possibile abbassare la guardia a livello mediatico e politico: l'incarico del dottor Brizzi è di un anno e il rischio concreto è che tra un anno esatto, gli abitanti della collina e della montagna possano ritrovarsi di nuovo senza un ambulatorio aperto, come già accaduto.
Per il momento è stato trovato il dottore per quest'area, ma non è stato individuato un sistema per fare in modo che le aree rurali di collina e montagna non si ritrovino più in una situazione tale, senza dottore dall'oggi al domani, come già accaduto.
Lo ha sottolineato anche il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi.
«Occorre una normativa speciale a livello nazionale per queste aree, che possa garantire formalmente i diritti primari a chi vive in questi luoghi».
Per questo, però, occorre un intervento di indirizzo e un impegno governativo preso a livello nazionale. Saremo scettici, ma non vediamo in questa fase la volontà di garantire a livello normativo la copertura medica di persone in aree periferiche come quelle della montagna pistoiese. Anche la consigliera regionale Federica Fratoni ricalca quando detto da Tomasi.
«È necessario arrivare ad un incarico a tempo indeterminato e, quindi, il percorso continua. Questa vicenda conferma ancora una volta la necessità di trovare strumenti normativi e contrattuali adeguati per offrire opportunità professionali concrete ai medici che optano per le aree periferiche».
Destra e sinistra, insomma, concordano sulla necessità di garantire il diritto alla salute a tempo indeterminato anche a chi risiede in aree montane e collinari. Speriamo, dunque, che nei prossimi mesi il problema non si ripresenti visto che, ripetiamo, il contratto del dottor Brizzi scadrà tra un anno. Senza modifiche alle regole, insomma, potremo presto punto a capo e l'alta provincia di Pistoia non può permetterselo.
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Rimane alta l'attenzione delle istituzioni attorno alla difficile situazione di alcune aree di collina, tra cui anche quelle del comune di Pistoia di Cireglio, Le Piastre, Pracchia e Orsigna dopo le recenti dimissioni del dottore di riferimento per quelle aree.
Il sindaco di Pistoia nel fine settimana ci ha “messo la faccia” e ha spiegato gli ultimi aggiornamenti alla popolazione di Cireglio, dove si è tenuto un incontro pubblico. Tomasi ha nuovamente contattato l’Ausl riportando le richieste dei residenti e dell’amministrazione stessa.
«La mia posizione è netta – ha detto –: formalmente tutte le normative di riferimento sono state rispettate ma nella realtà privare la montagna e la collina di un medico significa, di fatto, privare i residenti di un servizio essenziale». E poi si passa ai primi fatti. «Nei prossimi giorni – prosegue il sindaco – verrà attivato il servizio per le ricette con la presenza di un medico due volte a settimana a Cireglio e Pracchia. L’Asl garantirà anche le attività dell’ambulatorio vaccinale. Si tratta evidentemente di una soluzione tampone, che però in questo momento è importante per garantire una presenza negli ambulatori rimasti chiusi».
L'amministrazione comunale di Pistoia è ben consapevole che il servizio di ricette mediche non possa bastare per garantire il diritto alla sanità per le persone ivi residenti. Occorrono, infatti, normative agevolate per le aree collinari e montane.
«Occorre avere una normativa speciale per le aree montane e periferiche che possa garantire formalmente i servizi considerati primari. Quello da fare sulla montagna deve essere un ragionamento complessivo, sostenuto da tutti gli enti di riferimento. Come amministrazione comunale abbiamo investito in queste zone aprendo un asilo nido, lavorando per garantire la metanizzazione, investendo sui giardini e realizzando progetti culturali. Vorremmo che tutti gli enti, ognuno per le proprie competenze, seguissero questa stessa direzione».
Dopo tante polemiche, è opportuno notare che le istituzioni, sia di centrodestra che di centrosinistra, stanno tenendo alta l'attenzione su questa grave problematica che, tuttavia, appare piano piano nella giusta direzione per essere risolta.
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- Di Francesco Storai
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Dopo tante discussioni (anche in commento alle nostre interviste) e prese di posizioni, arriva una comunicazione ufficiale dell'Ordine dei Medici di Pistoia riguarda il caso dei 1400 pazienti circa della montagna senza più dottore da inizio novembre.
Intanto è stato annunciato che il prossimo 2 novembre il sindaco di Abetone-Cutigliano Marcello Danti e l’assessore Andrea Formento incontreranno Beppino Montalti, presidente dell'Ordine dei Medici. Nei giorni successivi è invece previsto l’incontro con il sindaco di San Marcello Pistoiese, Luca Marmo. Questa serie di incontri evidenziano la forte volontà e necessità di arrivare ad una soluzione in tempi rapidi.
«Siamo ormai prossimi a cambiamenti nell’organizzazione dei medici di medicina generale sul territorio della montagna e non solo, come previsto dai piani del Ministero della Salute e sullo stesso Piano Nazionale di Ripresa Resilienza, che al loro interno contengono anche elementi che porteranno al cambio di molte prospettive. Non possiamo però che accogliere positivamente, in tal senso, la notizia dell’assunzione dei tanti giovani colleghi precari entrati a regime nel periodo pandemico come previsto in alcuni passaggi della recentissima manovra finanziaria, accogliendo così una richiesta storica del nostro ordine ma più in generale degli ordini di tutta Italia».
Se la situazione in prospettiva sembra poter rientrare nella normalità, non vengono per il momento indicate strategie per riportare i dottori a lavorare in montagna. Tuttavia Montalti ci tiene a formulare un'ulteriore precisazione. «Mi spiace aver letto negli ultimi giorni inesattezze sui presunti redditi dei medici di medicina generale - chiosa il presidente - nella realtà ben distanti da quanto affermato da alcuni amministrativi».
Indubbiamente l'arrivo di “forze fresche” dal Pnrr (come peraltro ipotizzato dal sindaco Marmo nella nostra intervista, raggiungibile qui https://www.metropolirurali.com/altoreno/emergenza-medici-in-montagna-marmo-ci-appelliamo-al-senso-di-responsabilita.html ) e una visione diversa delle aree montane può riportare la situazione in carreggiata, se non addirittura migliorarla. Vedremo se dagli incontri tra ordine dei medici e amministratori arriveranno soluzioni concrete a questa complessa situazione.
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- Di Andrea Kozul Bini
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La zona conosciuta come “Montagna Pistoiese” e la sua corrispettiva emiliana, la zona dell'Alto Reno, hanno diverse asimmetrie: una tra le più evidenti è la questione sanitaria, che vede nella parte emiliana un ospedale importante (quello di Porretta Terme) e non la stessa cosa sul versante toscano. Un'asimmetria da anni mal digerita dai residenti di San Marcello, Abetone e luoghi limitrofi, che trovano nel San Jacopo di Pistoia il presidio ospedaliero più vicino per la quasi totalità dei servizi sanitari.
La Asl toscana, però, ha avviato in questi giorni un nuovo servizio pediatrico d'ambulatorio per tutte le famiglie della Montagna Pistoiese, in aggiunto a quello già presente di San Marcello Pistoiese. Ogni venerdì, dalle ore 15 alle 18,30, un Pediatra dell’Azienda USL sarà a disposizione nel distretto di Cutigliano, precisamente in piazza Risorgimento. All’Ambulatorio si potrà accedere liberamente e quindi i bambini potranno essere portati direttamente dallo specialista senza appuntamento per le consulenze e le visite. Il servizio si aggiunge all’Ambulatorio di Consulenza Pediatrica svolto a San Marcello dalla dottoressa Vanessa Perone, tutti i mercoledì pomeriggio dalle ore 15.00 alle 18.30, con accesso tramite appuntamento telefonico.
Nel caso di visite nell'ambulatorio di San Marcello sarà necessario prenotare chiamando il numero 3808927746 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle 10.00. La nuova possibilità di fare visite pediatriche a Cutigliano non può che essere visto come un buon punto di partenza ma non un punto di arrivo: mezzo pomeriggio di visite alla settimana è decisamente poco per poterlo considerare un servizio efficiente. Ci auguriamo che in futuro l'orario di visita possa essere quanto meno raddoppiato, magari anche in una terza sede.
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- Di Giada Tommei
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Ah, l’Appennino Tosco-Emiliano! Terra ricca di natura, di fauna e di…leccornie!
Tra enormi distese di faggio, castagno ed abete (come la Foresta del Teso o dell’Orsigna) il periodo che va da inizio agosto a settembre inoltrato è il momento perfetto per la raccolta di un prezioso tesoro montano: i mirtilli!
La delizia nera per eccellenza (riferendosi con tale colore alla varietà di mirtillo da noi più diffusa) prolifica lungo il nostro comprensorio crescendo fino a 2.000 m di altitudine. Lo troviamo nel bosco, ma anche in cespugli lungo percorsi di trekking: ecco perché, molto spesso, i camminatori di settembre se ne riempiono le tasche! Dall’elevato apporto di vitamina K e C, nonché di ferro e potassio, i mirtilli hanno un sapore deciso e delizioso ed un’alta azione antiossidante.
Non solo: essi hanno anche un forte potere anti-infiammatorio e riducono la disbiosi batterica intestinale.
La raccolta dei mirtilli, sia a scopo produttivo ad ampio raggio sia per ricette “caserecce”, è una tradizione da non dimenticare che ci riconnette alla terra e a quella buona e cara “vita di un tempo” di cui la montagna è ancora un prezioso forziere. Raccogliere i mirtilli è un rituale importante che comprende il saper cogliere il momento giusto. Prima di toglierli dal ramo, infatti, essi devono presentarsi totalmente colorati. Niente fretta dunque, ma nemmeno troppa attesa data la loro tendenza ad appassire velocemente e dunque a cadere: osserviamoli e diamo loro lo spazio che meritano…nel nostro recipiente! Sì, esatto: durante la raccolta dei mirtilli è importante utilizzare più contenitori. I mirtilli maturi sono duri, è vero, ma anche facili da schiacciare se troppo pressati gli uni con gli altri. Meglio non riempire eccessivamente un unico barattolo e maneggiarli meno possibile. Va bene, ok: giusto una foto da pubblicare sui social, poi però lasciamoli riposare e continuiamo la raccolta!
Se trovare i mirtilli non è difficile, altrettanto non si può dire della loro conservazione. In generale, è meglio utilizzarli subito per la realizzazione di ricette (confetture, salse, crostate). Tuttavia, se si desidera conservarli meglio tener di conto che fuori dal frigo riescono a mantenersi circa 4 giorni: trascorso questo tempo, il sapore permane gustoso ma la buccia avvizzita li rende, ad esempio, ben poco adatti alle confetture. Riponiamoli in frigo ad una temperatura di 2 o 3 gradi (dunque comune a tutte le case): in questo modo, possiamo conservarli fino a un mese e mezzo! Potete scegliere il freezer, a meno che i mirtilli non siano troppo maturi: se ben chiusi in un sacchetto, si manterranno così fino a 3 o 4 mesi. Una particolare accortezza è quella di non sciacquarli sotto acqua corrente se non poco prima della loro ingestione: la loro “coltre” è infatti necessaria per evitare la formazione di muffa e l’acqua stessa, se non asciugati perfettamente, eleverebbe tale rischio. Lasciamoli “100% naturali”, fino a che non vorremo utilizzarli: mangiamoli gustosamente uno ad uno o utilizziamoli per fantastiche ricette!
Sapete che non importa essere cuochi provetti per far bella figura con i mirtilli? Provate la semplice salsa, ad esempio, per accompagnare gelato, pancake o cheesecake! 200 gr di mirtilli, 125 ml di acqua e 150 gr di zucchero: qualche semplice passaggio e il gioco e fatto.
- versate acqua in un pentolino, portandola ad ebollizione
- aggiungete lo zucchero e mescolate finché non si sarà sciolto
- continuate a far sobbollire il composto, mescolando di tanto in tanto, fino a quando si sarà ridotto di circa metà del volume iniziale
- rimuovete il pentolino dal fuoco
- frullate nel frattempo i mirtilli in apposito mixer ed aggiungeteli allo sciroppo appena creato.
- mescolate, coprite con pellicola e fate intiepidire
Conservate in frigorifero e condividete con i vostri cari! Se poi ve ne avanza un poco per la redazione di Metropoli Rurali Alto Reno… noi siamo qui!