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- Di Francesco Storai
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Non solo Ferragosto, ma tutta la fase estiva nelle aree montane è contrassegnata da una lunga, troppo lunga, serie di improvvisati che intendono divertirsi in montagna senza seguire le più normali regole del buon senso e, talvolta, della sopravvivenza. Lo abbiamo visto, purtroppo, molto spesso: la montagna è un paradiso a portata di mano, ma va trattata con il dovuto rispetto, soprattutto quando si è a quote particolarmente alte. Più in alto si è, più è necessario tenere gli occhi aperti. Suoneranno anche come delle banalità, ma ricordiamo che ogni giorno, da nord a sud, sono decine gli incidenti in montagna in cui vengono coinvolti turisti e “montanari della domenica”. Incidenti che nel migliore dei casi si risolvono con complicate e costose operazioni di salvataggio, mentre quando va male finiamo con parlare di tragedie.
Per questo l'associazione rifugi del Trentino, il Soccorso alpino, Collegio guide alpine del Trentino e alla Fondazione Dolomiti Unesco hanno stilato una vademecum sui comportamenti da tenere e da non tenere quando si va in montagna. Sono poche, semplici regole di buon senso che però possono fare un'enorme differenza nel nostro giro in quota: la differenza tra una passeggiata meravigliosa in luoghi incantati da una disavventura clamorosa.
Vediamole insieme.
1. Prima di partire, studia bene il percorso
É opportuno tenere nota dei sentieri corretti da prendere soprattutto in prossimità dei bivi. Occorre valutare poi eventuali punti di ristoro lungo il percorso dove fermarti per una pausa. Se puoi scarica il tracciato per consultarlo anche offline, visto che talvolta in alta montagna il segnale del telefonino è assente o debole.
2. Rispetta l'ambiente scegli un percorso adatto alla tua preparazione
Quando fai un'escursione in montagna, ricorda di lasciare pulito il luogo che frequenti. Inoltre, prima di partire, tieni in considerazione la lunghezza, il dislivello ed eventuali difficoltà tecniche, evitando di sperimentare in luoghi difficili le proprie abilità.
In generale, è bene non “fare il passo più lungo della gamba”: vale a dire, non sopravvalutarsi nelle distanze e nei dislivelli.
3. Scegli equipaggiamento e attrezzatura idonei
Se fai trekking, non possono mancare scarponcini tecnici, borraccia, giacca antipioggia, cibo, una pila frontale e un kit di pronto soccorso. Se fai ferrate o pratichi l’arrampicata, non dimenticare l’attrezzatura tecnica adatta e non andare “al risparmio”, sopratutto per l'equipaggiamento tecnico
4. Consulta i bollettini meteorologici
Soprattutto quelli locali, dove trovi info più specifiche. Questo consiglio è importante soprattutto se affronti una via ferrata: prima di partire assicurati che il tempo sia stabile. Anche passeggiata vicino a torrenti in secca possono essere molto pericolosi, in caso di forti temporali, che in montagna possono scoppiare d'estate con zero preavviso. Ne sono esempio le numerose alluvioni-lampo che hanno colpito molte zone del nord Italia anche nei giorni scorsi.
5. Meglio partire in compagnia
Per contare sull’aiuto reciproco in caso di difficoltà. In montagna anche una semplice distorsione può diventare un problema se si è da soli. Essere almeno in due riduce di moltissimo i potenziali rischi del vostro giro.
6. Lascia a qualcuno informazioni sul tuo itinerario
Comunica ad amici, familiari o ai gestori dei rifugi quale itinerario intendi percorrere e l’orario stimato del tuo rientro, specialmente quando si è in alto con la quota. Queste informazioni possono risultare fondamentali in caso di emergenza.
7. Affidati a un professionista della montagna
Guide alpine, rifugisti o accompagnatori di media montagna sono ottime fonti per ottenere informazioni utili sulle condizioni ambientali dei percorsi di montagna. In questi casi, sempre meglio confrontarsi e fugare ogni dubbio prima di accorgersi di essere finiti nei guai.
8. Presta attenzione alla segnaletica lungo il percorso
Segui bene sia i cartelli con le indicazioni dei sentieri (numero e destinazione), sia le indicazioni che trovi lungo il percorso, i segnavia di colore bianco e rosso. Ricordati sempre di portare con te una mappa del percorso (cartacea o digitale) e non andare a memoria in nessun caso.
9. Non esitare a tornare sui tuoi passi
Se affiora la stanchezza, se hai dubbi sul percorso o se il tempo volge al brutto con nuvole nere e tuoni all'orizzonte, meglio tornare indietro lungo la strada già conosciuta, piuttosto che rischiare di proseguire e ritrovarsi in guai anche seri.
10. In caso di incidente chiama il numero 112
Quando chiami, ricordati di fornire indicazioni sul luogo esatto dell’incidente, sull’attività svolta, sul numero di persone coinvolte e sulle loro condizioni, sulle condizioni meteo e sul recapito telefonico da cui chiami. Mantenere sempre la calma: più le informazioni saranno precise, più i soccorritori arriveranno velocemente.
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La bellezza di un territorio è anche data dalla capacità di valorizzarlo, raccontarlo e presentarlo a chi, per un motivo o per un altro, non ne è a conoscenza. Alla regione Emilia-Romagna non bisogna insegnare niente sotto questo aspetto: l'amministrazione regionale ha da sempre un occhio di assoluto riguardo per i territori montani, con bandi e finanziamenti per l'acquisto di case da parte dei giovani, sgravi fiscali per le aziende, una comunicazione efficace (c'è anche una pagina Facebook ufficiale dedicata, si chiama “Montagna Emilia Romagna”) ed iniziative dedicate al turismo e all'enogastronomia.
In questo solco si inserisce la bella iniziativa intitolata “Fattorie Aperte” che, nelle domeniche del 15, 22 e 29 maggio invita famiglie, grandi e bambini a trascorrere una giornata all’aria aperta per scoprire la campagna, conoscere i mestieri dei campi, degustare prodotti e ricette tradizionali.
Dalle passeggiate lungo antichi cammini a dorso d’asino agli itinerari naturalistici e sportivi, a percorsi e laboratori per famiglie e bambini sulla vita in fattoria e i suoi animali. Immancabili gli spazi di ristorazione e le degustazioni guidate, i prodotti a km 0, le lezioni su erbe officinali e lavorazioni tradizionali, dai formaggi all’aceto, al giunco o al legno.
A tutti i partecipanti è proposta la visita in fattoria per conoscere meglio il lavoro dell’agricoltore e le tecniche produttive.
L'iniziativa, estremamente seguita negli anni scorsi (anni di Covid a parte) è giunta alla 23esima edizione e coinvolge quest'anno 101 enti partecipanti, di cui 88 fattorie e 13 musei rurali e del gusto.
Le fattorie aderenti, occorre sottolinearlo, non sono tutte nel territorio montano ma sono sparse su tutto il territorio: poco importa, perché ogni iniziativa che apre e racconta una territorio con una bella organizzazione capillare come questa va solo che applaudita.
A questo link https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/fattorie-progetti-didattici/fattorie-aperte-2022 è presente la lista aggiornata delle strutture che partecipano all'iniziativa.
Nelle zone rurali di nostro interesse segnaliamo quella di Piccola Raieda a Sasso Marconi (giorno di apertura: 22 maggio, contatti ai numeri 320.0373362 e 335.5937535), il Cotto a Montese (giorni di apertura: 15, 22, 29 maggio, contatti ai numeri 059.982316 e 333.2001688), Campo Rosso a Civitella di Romagna (giorni di apertura: 15, 22, 29 maggio, contatti ai numeri 380.5142609) e Il Giardino delle Erbe a Casola Valsenio (giorni di apertura: 15, 22, 29 maggio, contatti ai numeri 0546.73158 339.6627931).
Sarebbe bello che simili iniziative trovassero un organizzatore regionale anche in Toscana, ma al momento questo non accade. Intanto un plauso alla regione Emilia-Romagna per questa capacità di aprire e raccontare il territorio e un “buona visita” a coloro che approfitteranno dell'occasione per immergersi nelle bellezze delle nostre aree interne.
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- Di Giada Tommei
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Riparo, difesa, protezione: sono questi e non solo, i sinonimi del termine “rifugio” la cui accezione di comfort risuona nelle nostre menti quando pensiamo, per l’appunto, ad un luogo dove trovare conforto da fatiche. O dove berci un “bombardino” (tipica bevanda montana a base di caffè, panna, zabaione e brandy) tra le altre cose, o mangiare una bella fetta di torta dopo una lunga giornata sugli sci. Al giorno d’oggi, il Rifugio è un ristoro di montagna dove, dopo il divertimento degli sport invernali, ci fermiamo per rifocillarsi.
Strutture praticamente indispensabili che ormai, soprattutto per gli assidui frequentatori degli ambienti alpini, sembrano far parte della montagna stessa come se lì vi fossero stanziati da sempre. Romantico, senza dubbio: ma è davvero sempre stato così? I rifugi di montagna, seppur la loro conformazione ricorda strutture antiche, sono in realtà piuttosto giovani: è stato solo nel corso del XIX secolo, infatti, che la loro funzione è diventata quella che attualmente conosciamo. Un cambio di passo notevole, che è andato in linea con l’altrettanto cambio di mentalità della popolazione nei confronti dei monti: non più luoghi impervi e faticosi ma ambienti dove fare sport, camminare e respirare aria buona!
Il primissimo rifugio risale al 1877: un luogo scavato all’interno della roccia della Marmolada nato per seguire le esigenze degli esploratori che, poco prima del 900’, cominciarono a lasciarsi incuriosire. Da lì, l’ascesa che ha portato alla concezione attuale con una diffusione ampissima degli stessi. Gestiti per lo più dal Club Alpino Italiano (Cai) i rifugi non solo si sono moltiplicati ma hanno sempre di più modificato il loro aspetto diventando ambienti curati, ecosostenibili e sì, anche di moda! In passato, prima del boom, l’interesse per la montagna era piuttosto limitato: non essendo diffusi gli sport a lei connessi, si preferiva di gran lunga zone collinari di più facile transito e con meno problematiche quotidiane. Ecco perché gli unici “casottini” montani del pre-ottocento, erano fondati per lo più da monaci!
Intorno al 1700, alcuni uomini di chiesa scelsero infatti di ritirarsi sulle vette dando vita ai primi “Hospitia” (Ospizi) dove non solo vivevano ma davano, quando ve ne era bisogno, assistenza a eventuali viandanti. Oltre a motivi religiosi, i rifugi del tempo erano inoltre fondati per necessità prettamente militari, per dare riparo ai soldati in transito da confine a confine. Fu dunque l’era del benessere, a costruirne l’idea odierna di luoghi dove bere, mangiare e riposare: oggi, fermarsi al rifugio non è più esclusivamente una necessità ma anche un “tocco di chic” alla giornata. Non solo, dai: i rifugi sono anche ottimi punti di osservazione del paesaggio circostante. Il più alto d’Europa, tra l’altro, lo abbiamo proprio noi in Italia! Trattasi della nota “Capanna Regina Margherita” la quale, con i suoi 4.559 mt. di altura sulla punta Gnifetti, si classifica sul podio dei rifugi più suggestivi da visitare. E che vista!
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- Di Giada Tommei
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Identificato con la sigla APS, il kit antivalanga composto da Artva, pala e sonda estende da quest’anno la sua obbligatorietà coinvolgendo non più solo gli escursionisti esperti ma chiunque si trovi a transitare in ambienti innevati, camminatori con ciaspole compresi. Il set, da portare con sé ad ogni “avventura” pena sanzione secondo DL n.40 datato 28/02/2021 sulle nuove norme di sicurezza nelle discipline sportive invernali, comprende pala, sonda e il così chiamato dispositivo “Artva”. Sì, è vero: a legger così fa un poco effetto, ma certo l’utilizzo dell’ “apparecchio di ricerca dei travolti in montagna” (questo significa l’acronimo) può rivelarsi davvero utile in casi di pericolo determinando la differenza tra la morte ed il salvataggio.
Il dispositivo Artva è uno strumento particolare, in grado di trasmettere e ricevere un segnale che permette di identificare una persona sommersa dalla neve. Detta semplice, durante il percorso in montagna il nostro Artva trasmette continue onde elettromagnetiche che vengono costantemente intercettate dagli altri Artva nella zona: in caso di necessità, dunque, la vittima coinvolta nella valanga viene velocemente scovata dal resto del gruppo il quale (in attesa dei soccorsi chiamati) utilizzerà dunque sonda e pala per procedere con la rimozione del soggetto intrappolato.
La sonda (preferibilmente in acciaio, colorata e graduata in cm) è necessaria per trapassare il manto nevoso ed identificare a quanta profondità si trova la persona che necessita aiuto; la pala, serve infine per spalare velocemente la neve per liberarla. Che si tratti di tavola, sci, ciaspole o escursionismo, il kit APS è un essenziale set di autosoccorso che può davvero salvare una vita; portarlo con sé è importante, così come fondamentale è saperlo utilizzare. Se a primo acchito gli strumenti sembrano piuttosto semplici, infatti, la loro applicazione pratica richiede energia (la neve da togliere può essere molto dura) e fermezza psicologica per agire al meglio e nel minor tempo possibile.
Ricordiamoci sempre che chi è sotto la valanga, sta soffocando! I passi, riepilogando, sono i seguenti: identificazione del sommerso tramite onde elettromagnetiche prodotte dal dispositivo Artva, rilevazione della profondità di sommersione a mezzo sonda e rimozione neve con pala. Un obbligo dispendioso, considerando il costo del kit tra i 200 ed i 300 euro, ma che certo vale la candela visto lo scopo ultimo di salvare vite. Il kit è disponibile nei negozi appositi, ma anche nelle principali catene sportive, oltre che online. Condividiamo la notizia, affinché gli sport montani siano praticati con sempre maggiore sicurezza e, di conseguenza, cuor leggero. Se divertirsi è bello….farlo protetti, è ancora meglio!
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- Di Giada Tommei
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Si sente sempre più spesso parlare, ad oggi, di un particolare tipo di turismo denominato “da insider”. Ok, ma cos’è? Parliamo di quell’insieme di attività che permettono una full immersion nel luogo che si intende visitare, prendendo parte a 360 gradi a ciò che esso ha da proporci. In poche parole, una vacanza come fossimo abitanti del luogo! Un’esperienza divertente, questa, che non solo crea attimi da ricordare in quanto villeggiatura ma anche molto ci insegna in merito alla cultura del posto.
Abbiamo un bell'esempio sul nostro territorio, più precisamente a Pistoia. Si "Brickscape" (per maggiori info basta digitare questo nome su un qualsiasi motre di ricerca) nasce da appassionati, professionisti ed addetti dei vari settori proposti creando un gruppo entusiasta che promuove il così chiamato turismo esperienziale. Parliamo dunque di attività intense, con spesso un forte impatto personale dato da una notevole interazione con il luogo che stiamo visitando. In collaborazione con tour operator, agenzie di viaggio ed assicurazioni, i responsabili di questa azienda propone una serie di attività anche sulla nostra montagna.
Momenti autentici, quelli da loro proposti, con esperti al nostro fianco per farci scoprire quanto più c’è di nuovo e “stuzzicante” nella nostra penisola e nel nostro comprensorio. Un esempio? Escursioni a piedi o in bici prediligendo sentieri poco battuti (sempre in sicurezza); percorsi in mountain bike o Nordic Walking immersi nella natura. E poi ancora canoe, kayak e passeggiate a cavallo! Staccare dalla routine, con le proposte di Brickscape, è davvero possibile e non solo per quanto concerne l’attività sportiva.
Disponibili, infatti, anche i fine settimana in agriturismo con degustazione ed attività outdoor. Sì, esatto: anche un tour enogastronomico può definirsi esperienziale! Non solo grazie all’assaporare i prodotti locali ma anche comprendendo la partecipazione ad esperienze dirette come (nel caso delle aziende agricole) la vendemmia o la frangitura delle olive. Tra le varie attività che si possono fare ci sono anche avventure adatte ai più piccoli: semplici escursioni, divertimenti all’aria aperta o la così chiamata “fattoria didattica” dove i bambini conosceranno da vicino gli animali e parteciperanno, ad esempio, alla mungitura delle mucche o alla raccolta di uova. Da sport estremi a corsi di cucina, fino a degustazioni e weekend alla scoperta di città d’arte. Un nuovo modo di fare turismo che passa da Pistoia, insomma, e che può rappresentare un punto di partenza anche per altre attività di riscoperto delle nostre aree rurali.
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C'è polemica al comprensorio di Abetone, dove una serie di fake news rilanciate sul web ha sparso la voce che gli impianti fossero chiusi. Qualcuno, non informatosi su siti attendibili, hanno addirittura rinunciato al capodanno in quota con la paura di trovare impianti chiusi. In realtà gli impianti sono aperti e funzionanti, come testimoniano le numerose webcam sparse in paese e vicino agli impianti di risalita. Le temperature sono molto miti per il periodo ma il grande lavoro fatto da impiantisti nel corso dei mesi di dicembre, quando la neve naturale è caduta abbondante, permetterà al fondo delle piste di resistere anche a questi di giorni di sopra-media termica.
Le temperature in quota sono sì miti, ma l'aria relativamente secca ed il sole basso di dicembre non dovrebbero “mangiare” troppa neve, specialmente sulle piste dove il fondo è compattissimo. Però il danno, in parte, è già stato fatto, visto che da giorni si rincorrano voci totalmente infondate di chiusura degli impianti di risalita. Una beffa per gli operatori turistici di Abetone, alle prese con una fase estremamente difficile dopo due anni di chiusura causa Covid-19, non certamente aiutato dall'aumento prepotente dei contagi registrato in questi giorni.
Ad alzare la voce è stato anche l'assessore al turismo e presidente di Federfuni Italia Andrea Formento, visto il danno ingiustamente arrecato al comprensorio.
«Verificheremo – ha detto – le possibili ed eventuali azioni da intraprendere per errate informazioni che abbiamo riscontrato in alcuni siti di importanza nazionale che invece di dichiarare dati non pervenuti, in presenza di modifiche fatte unilateralmente di accesso ai dati ufficiali, dichiarano la totale chiusura del comprensorio di Abetone. Questo ha causato danni economici ad i nostri operatori».
Invitiamo gli interessati a sciare ad Abetone a visitare il nostro sito e quello di Abetone Multipass, dove ogni giorno viene aggiornato lo stato di impianti e piste aperte entro le ore 8.30 nei festivi e 9.00 nei giorni feriali. Aggiornamento che anche per la giornata odierna segna tutti gli impianti di risalita regolarmente aperti.
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É partita alla grande la stagione turistica sui comprensori di Abetone e Doganaccia. Solo il maltempo ha negato un fine settimana da “tutto esaurito”, ma l'inverno non è che appena cominciato e saranno molte altre le occasioni per rifarsi. Dopo il caos sulle strade di fine novembre, quando una serie di incidenti bloccò la statale del Brennero per ore domenica 28 novembre, l'ultimo fine settimana tutto è andato liscio. Sono stati circa 3mila gli ingressi sugli impianti di risalita, a cui vanno sommate le tante persone che si sono concesse una giornata di relax e neve senza gli sci.
Un inizio che fa ben sperare per il proseguo della stagione, viste anche le ottime condizioni di neve naturale, che vedono l'Appennino Pistoiese bianco fin sui 1200 metri circa, con altra neve che dovrebbe cadere anche a quote più basse nel corso della settimana.
«Se anche dovessimo avere qualche ora di pioggia al passo – sottolinea Rolando Galli, presidente di Società Abetone Funivie – non sarebbe chissà quale problema: l'acqua andrebbe solo a compattare il manto nevoso già presente, che poi beneficerebbe di nuove nevicate. L'importante è che non arrivi lo scirocco e la pioggia fino a 2000 metri ma, toccando ferro, per ora non sembra questo il caso nei prossimi giorni».
La stagione sciistica di Abetone e Doganaccia sarà anche la prima dell'era “green pass”, visto che durante la Pandemia gli impianti di risalita sono rimasti pressoché sempre chiusi e inutilizzabili. In questi primi giorni di sci i controlli del certificato verde non hanno creato alcun problema: i controlli a campione svolti nei due comprensori non hanno trovato lo scorso fine settimana sciatori sprovvisti di green pass, proprio come previsto dalla nuova normativa.
«Ho visto molto senso di responsabilità tra i turisti, e di questo sono contento – ha commentato Andrea Formento, presidente Federfuni Italia –: non mi risultano siano state trovate persone senza green pass e, oltretutto, ho visto mascherine correttamente indossate dove è necessario, vale a dire sugli impianti e nelle file prima di salire a bordo di seggiovie e cabine. Una bella prova di maturità da parte di tutti».
Tutto perfetto? Ni. Nonostante l'appello su Metropoli Rurali dello stesso Formento (Intervista ad Andrea Formento) ancora tante aziende o attività rimangono sotto organico. Manca personale, infatti, in alberghi, ristoranti, bar e impianti di risalita delle due stazioni sciistiche.
«La Montagna Pistoiese è un luogo dove l'offerta di lavoro è più alta della domanda – conferma Formento –, ed è paradossale considerando il periodo economico che stiamo vivendo. Gli stipendi mi risultano buoni, si va dai 1300 fino sui 1500 euro mensili, più tredicesima e trattamento di fine rapporto. I posti di lavoro disponibili sono molto variegati: si va dai cuochi, ai pizzaioli, ad impieghi negli alberghi ma anche lavori meno specializzati, come tuttofare o aiutanti. Lavori per il quale serve semplicemente 'voglia di lavorare' e darsi da fare».
Eppure molti posti sono e rimangono vacanti. Il tutto in vista di uno dei periodi turisticamente più intensi di tutto l'anno in montagna: quello natalizio. Secondo molti addetti ai lavori questa mancanza di personale stagionale è da ricercarsi nel reddito di cittadinanza, che non invoglierebbe molte persone attualmente senza lavoro a mettersi in cerca di un impiego stagionale.
«Ma è un peccato, perché gli stipendi della montagna sono buoni e con un impiego stagionale si andrebbe a fare una scelta importante per quanto riguarda il proprio percorso di carriera. Invitiamo tutti gli interessati a contattare i nostri comprensori. Qui il lavoro non manca». conclude Andrea Formento
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- Di Giada Tommei
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Creata nel 2016 dall’idea di un gruppo di amici amanti del wild, la Wolf’s Spirit a.s.d. di Bologna è una vera e propria Scuola di Sopravvivenza. No, non è il set di un film con Rambo ma un’attuale ed interessante realtà. La Survival School è certificata CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale) e registrata al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano): a gestirla, istruttori professionali e qualificati le cui attività si svolgono nei magnifici boschi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Un approccio tecnico, il loro, che insegna a sopravvivere in situazioni ambientali impervie usando la natura in modo consapevole e costruttivo, facendosela amica e rispettandola allo stesso tempo. Tre i livelli dei corsi proposti dalla Wolf’s Spirit: principiante, intermedio ed avanzato. A questi, si aggiungono addestramenti specifici su argomenti diversificati quali il primo soccorso in condizioni critiche, falconeria, trekking e lavorazione del cuoio.
Se la curiosità vi assale, c’è una buona notizia. Proprio questo weekend (sabato e domenica 27-28 Novembre) avrà luogo una magica avventura tra i boschi del versante emiliano del nostro comprensorio! Il livello predisposto per questa sui generis “scarpinata” è quello base: non occorre dunque preparazione fisica, né alcuna precedente esperienza. Ciò di cui dovrai armarti è curiosità, entusiasmo e voglia di mettersi in gioco, forte del sostegno di un personale altamente qualificato che mai vi abbandonerà. Ritrovo a Porretta Terme, dunque, pronti per due giorni di full immersion outdoor con bivacco notturno in tenda. Nelle 48 ore trascorse al “campo di sopravvivenza” saranno molti gli argomenti toccati: dalla preparazione dello zaino con il necessaire per situazioni simili, all’importante filosofia del sostenere il gruppo con cui si condivide l’esperienza.
E poi ancora: tecniche base per l’accensione del fuoco, creazione di nodi, riconoscimento di piante commestibili e officinali, allestimento di un campo base dove trascorrere la notte, modi di utilizzare l’imbracatura d’emergenza, cenni sulla corretta gestione delle avvisaglie da fame e disidratazione, giusto impiego di lame e utensili, principi per reperimento e purificazione dell’acqua e primo soccorso in caso di piccole ferite, punture d’insetti o morsi di serpenti. Nel fine settimana, molto interessanti saranno anche i cenni sulla così chiamata cucina trapper: questo metodo “essenziale” di cuocere cibo prende in considerazione l’assenza di utensili e stoviglie (solitamente non disponibili nel bel mezzo di un bosco) insegnando dunque come ottenere pressoché lo stesso risultato dei fornelli usando ciò che la natura ha da offrirci (cuocere un uovo all’occhio di bue utilizzando una pietra, ad esempio).
Al termine del corso base verrà rilasciato ai partecipanti un attestato: questo è fondamentale, non solo per personale soddisfazione ma anche per accedere al successivo modulo formativo intermedio qualora si desiderasse continuare il percorso. Il numero ammesso al weekend nei boschi montani non è molto alto, limitandosi a sole otto persone: ecco perché occorre chiedere informazioni quanto prima, per constatare che vi sia rimasto ancora spazio. Fondamentale, al momento dell’iscrizione ad ogni fine settimana formativo, segnalare allergie o preferenze alimentari; allo stesso modo importante è versare la quota di partecipazione, che oltre all’iscrizione all’associazione all’ASD Wolf’s Spirit comprende il materiale didattico necessario all’avventura e la copertura assicurativa. Visitate il sito per maggiori informazioni, così come per essere sempre aggiornati sulle iniziative della Survival School! Maggiori informazioni su https://www.wolfspiritsurvival.com/corso-base
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- Di Giada Tommei
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Abbiamo già affrontato una piccola ma utile spiegazione inerente i sentieri boschivi ed il riconoscimento dei loro livelli: altresì importante, quando si tratta di avventurarsi nello spazio montano, è conoscerne flora e fauna. Gli animali, padroni indiscussi della natura, troneggiano in quella che semplicemente è la loro casa: conoscerli e rispettarli è nostro dovere, così come approfondire il comportamento da mantenere in caso di loro avvistamento. Ricordiamoci sempre che, tra noi e loro, è l’essere umano “l’ospite” che deve adattarsi!
Quali sono, dunque, le specie più frequenti che possiamo incontrare in un bosco?
1) Il cinghiale
Un incontro frequente, questo, soprattutto nel nostro Appennino. Il cinghiale è per natura un animale molto schivo che, in caso di incontro con l’essere umano, tende il più delle volte a scappare. Il miglior modo di approcciarsi con esso è quindi lasciarlo libero di allontanarsi, restando allo stesso tempo a debita distanza. Mai avvicinarsi, soprattutto in vista di cuccioli: la madre potrebbe diventare molto aggressiva! Se questo animale dall’animo burrascoso vi corre incontro, non scappate: essendo comunque più veloce di noi, è molto meglio salire su un albero o qualsiasi cosa ci garantisce lo stare in alto.
2) La vipera
Tanto piccola e tanto pericolosa, la vipera si presenta in colori diversi (dal grigio al nero) con la testa tipicamente di forma rettangolare ed un corpo piuttosto tozzo. Nonostante la sua versione più letale sia presente solo nei boschi veneti, troviamo specie altrettanto insidiose anche nelle nostre montagne. Cosa fare, dunque, se la incontriamo? Innanzitutto, per prevenire, prima di intraprendere la nostra passeggiata è meglio indossare scarponi e pantaloni lunghi (magari leggeri in caso di alte temperature) soprattutto in caso di passaggio nell’erba alta. Se avvistiamo una vipera, ricordiamoci di battere forte i piedi in modo da fare rumore e farla così scappare. In caso di morso, non agitiamoci! Sdraiamoci in un posto all’ombra, evitando di camminare: laviamo la ferita con acqua, fasciamo e chiamiamo subito i soccorsi. Evitiamo l’alcol, il quale unito al veleno creerebbe un composto altrettanto dannoso. No panic! I primi sintomi più gravi (nausea, vomito, pressione bassa fino a svenimento) si manifestano dopo un’ora dal morso: abbiamo tempo di attendere le cure mediche.
3) La zecca
Chi, nell’arco della vita, non si è ritrovato addosso una zecca? È un’esperienza non piacevole, ma certo comune. Posizionati spesso sulle punte dei fili d’erba, questi parassiti degli animali si attaccano al corpo ospite con rischio di portare infezioni o malattie da non sottovalutare, quali la borreliosi di Lyme o l’encefalite. Dopo un periodo che va dai 3 ai 20 giorni dal morso, possono insorgere febbre alta o cefalea: dopo la puntura è quindi importante, ai primi sintomi, rivolgersi subito al medico curante. La puntura di zecca, solitamente, non provoca dolore: ecco perché, molto spesso, ci accorgiamo di lei solo quando sta banchettando da ore (o giorni) sulla nostra pelle! Gonfiandosi, la zecca diventa facilmente riconoscibile e dunque pronta per essere rimossa. Anche in questo caso meglio recarsi in pronto soccorso, per assicurarsi la buona rimozione; se non possibile, ricordiamoci di afferrarla alla base, vicino alla testa, e ruotarla delicatamente in senso antiorario per non rischiare di spezzarla. Niente alcol, please! La zecca espellerà ancora più liquidi dannosi! Anche dopo l’estrazione fai da te, consultare sempre il medico di fiducia.
4) Il cane pastore
Nei luoghi di pascolo, non è raro avvistare grossi pastori maremmani essenziali per difendere i greggi da lupi e cani selvatici. Nelle zone di riferimento alcuni incontri di questo genere avvengono spesso, giusto per citarne una, nella zona di Orsigna e non lontano dagli famoso albero tanto caro a Tiziano Terzani. In quanto animali da protezione, il loro naturale istinto difensivo li porta talvolta a male interpretare la presenza umana, avvertendo dunque come una possibile minaccia anche un semplice escursionista. In caso di face to face con il cane pastore, quindi, evitiamo qualsiasi azione improvvisa o repentina che potrebbe confermare all’animale la nostra pericolosità: non avviciniamoci al gregge, innanzitutto, e non minacciamolo tirando sassi o muovendo un bastone. Evitiamo il contatto con l’animale, non solo fisico ma anche oculare: ogni sguardo, potrebbe essere interpretato come sfida! La parola d’ordine è: restare calmi. Camminare lenti, non correre né pedalare: mostrare indifferenza e muoversi con sinuosità. Il cane non attaccherà e tornerà dalle sue pecore. Un bel respirone e… possiamo continuare la passeggiata!
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- Di Giada Tommei
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La natura, quando non viene bistrattata, ha con l’uomo un rapporto profondo che getta le sue radici nei tempi che furono. In linea con tale tendenza, molti geografi ed esploratori si muovono all’interno di essa rinunciando all’ausilio di mappe, bussole o GPS fidandosi dunque esclusivamente del proprio senso dell’orientamento. Un istinto innato, questo, che in realtà ci appartiene fin dalla preistoria e che far tornare fuori, non è impossibile. Certo, inoltrarsi nei fuori sentieri è un “livello pro” che pochi riescono a raggiungere; percorrere i percorsi tracciati è invece un obbiettivo possibile un po' a tutti, grazie ai vari livelli di difficoltà che possiamo prima scegliere e poi seguire.
Ok, ma esattamente cos’è un sentiero? Trattasi di cammini, evidenti o meno, che facilitano il nostro passaggio all’interno di un ambiente naturale, permettendoci di goderne a pieno lo splendore senza il timore di perdersi (facendo al contempo del sano movimento!). Wow, e chi li ha creati? Sono antichi, il più delle volte nati seguendo le tracce delle “straducole” costruite dalle popolazioni del passato che avevano un contatto ben più stretto di noi moderni con foreste e boschi. Oppure, sono stati creati dal passaggio degli animali durante la transumanza.
Tutto molto bello, sì: ma come si riconoscono? I sentieri sono oggi contrassegnati da semplici numeri in ordine crescente, preceduti dalla sigla CAI che identifica il Club Alpino Italiano. Con il numero 00 si intende il sentiero CAI che corre lungo tutto il crinale dell’Appennino, partendo dal Passo della Croce dell’Alberaccio (541 m) e passando nei pressi di Poggio Ripaghera (878 m), da Monte Rotondo (773 m) per poi proseguire verso la vetta del Monte Giovi (992 m) e oltre. Da qui, altri percorsi si ramificano, ognuno con la sua precisa numerazione. In generale, tutti i sentieri sono segnalati da strisce colorate che in Appennino sono sempre di bianco e rosso: il primo colore è stato scelto perché riflettesse le luci delle torce durante la notte, mentre il secondo è chiaramente ben visibile alla luce del sole.
Le strisce bianche e rosse sono a volte dipinte in appositi cartelli di legno, altre volte direttamente sugli alberi: aguzzate la vista e, per semplificare, collegatevi al sito www.parcoappennino.it per dare un’occhiata preventiva alle mappe! Per quanto riguarda la difficoltà, possiamo dormire sogni tranquilli: ogni sentiero segnalato riporta anche la scala di sforzo, in modo da non essere colti impreparati. Di seguito un breve riepilogo dei livelli codificati:
T (Turisti): si tratta di sentieri molto frequentati, ben segnati e senza alcun passaggio pericoloso.
E (Escursionisti): più lunghi o più faticosi del precedente ma di solito comunque ben tracciati
EE (Escursionisti Esperti): si includono sentieri anche piuttosto complicati e potenzialmente pericolosi
EEA (Escursionisti Esperti Attrezzati): sentieri complessi dove alcune parti del percorso sono attrezzate con cavi e necessitano quindi di opportuna attrezzatura
Esistono poi percorsi appositi per passeggini, carrozzine e sedie a rotelle: anche di questi, ampio spazio è dato sul web, ad esempio collegandosi al sito www.parks.it selezionando (in questo caso) la regione Toscana. Così come la natura, anche i sentieri necessitano di cura e protezione. Sì, perché con il tempo interventi di manutenzione (soprattutto tramite mezzi artificiali) possono comprometterne la fattezza. Allo stesso modo, anche le moto da cross o i quad usati per puro divertimento possono con il tempo modificarne l’assetto rendendo difficoltoso il loro riconoscimento; piogge, frane e vento possono inoltre contribuire allo stesso modo alla loro trasformazione. Ecco perché è importante averne cura, garantendone la frequentazione inserendoli magari all’interno di aree protette o parchi naturali. Prezioso in questo senso, è l’intervento dei volontari del Club Alpino Italiano: è grazie a loro, che molti sentieri continuano ad essere battuti, preservati e... segnalati!