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Sfiducia, incertezza e bassa propensione ai consumi. L'Istat e Confcommercio fotografano così la situazione dell'economia italiana nel 2023 e nei primi mesi del 2024. Nell'ultimo report redatto dal centro studio Confcommercio si nota un leggero calo degli italiani a rischio povertà ma aumentano quelli ritenuti in “grave difficoltà economica”: sono 14 milioni in tutto il paese. In altre parole, un italiano su quattro non riuscirebbe ad arrivare a fine mese senza sussidi o bonus. E anche in quel caso, fa fatica. In prospettiva futura, le intenzioni di acquisto per il 2024 molto moderate e, comunque, sotto i livelli del 2019. Il report, nella sua interezza, è scaricabile da qui: Confcommercio - Ufficio Studi
Se l'economia reale italiana arranca, quella dei conti ufficiali marcia a ritmi discreti: i consumi totali sono visti in crescita dello 0,9% su base annua, mentre il reddito disponibile arriva ad un +1,4% rispetto all'anno precede. Come mai, allora, la sensazione è che l'economia non vada bene?

Non è solo una sensazione
Il clima economico italiano è segnato ancora da profonda sfiducia incertezza. I motivi sono quelli che ci accompagnano da almeno due anni: l'invasione russa in Ucraina, i rischi per la sicurezza in Europa e il conflitto in Medio Oriente solo per citare i rischi più evidenti. C'è anche dell'altro: i redditi pro-capite medio e di circa 22mila euro 500 euro, più o meno ai livelli del 2009-2010, ovvero il periodo post-crisi dei mutui bancari USA. Tradotto in altre parole: da quella crollo economico del 2007 non ci siamo ancora ripresi del tutto. 

I dati Istat correlati
Secondo gli ultimi dati del nostro istituto di statistica nazionale, emerge che il 22,8% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale, un valore in calo rispetto al 24,4% del 2022, pari a poco più di 11 milioni di persone. In questo scenario, aumenta la percentuale di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, da 4,7% rispetto al 4,5% dell'anno scorso. Una percentuale che equivale a quasi 2,8 milioni di individui italiani in quella condizione. 

Aumentano le differenze tra nord e sud
Come se non bastasse, si accentua la differenza tra Nord e Sud Italia. Dal rapporto redatto dallo SVIMEZ, acronimo per Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, (scaricabile qui https://lnx.svimez.info/svimez/rapporto-svimez-2023/) emergono gravi criticità al sud che possono essere raccolte in almeno quattro categorie rilevanti: la distribuzione territoriale dello sviluppo, la distribuzione dei redditi, la struttura dei servizi pubblici, l’allocazione delle risorse di produzione.
In poco meno di 20 anni, dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone. Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti, soprattutto giovani. Il sud Italia ha subito un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati. Al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno. Questo comporta un elevato costo sociale: una perdita di valori culturali da un lato, e una perdita di capitale sociale delle aree abbandonate dall’altro. 

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