«Mollo tutto e vado a vivere in montagna, non ho dubbi!». In media, a pensarla così, è un italiano su dieci. Lo rivela un'indagine elaborata da Ipsos per conto di Uncem, l’Unione nazionale dei comuni e degli enti montani. Il sondaggio è consultabile qui PERCEZIONE E OPINIONI DEGLI ITALIANI SULLE AREE MONTANE DEL PAESE
Uno su dieci, insomma, non avrebbe alcun dubbio a trasferirsi in quota. Ma la montagna piace a molti di più: due su dieci hanno dichiarato la propria volontà a trasferirsi in quota con una probabilità “abbastanza elevata”, mentre addirittura a uno su quattro “piacerebbe molto” l’idea di farlo. I motivi, secondo l'indagine, sono diversi: in primis c'è quello di fuggire dallo stress e dalla frenesia della città per rifugiarsi in un ambiente più tranquillo circondati dalla natura.
Nell'immaginario collettivo vivere in montagna, infatti, significa avere aria pulita (67%), natura (65%), silenzio e tranquillità: una routine quotidiana considerata “molto diversa” da quella cittadina, secondo oltre la metà del campione preso in esame. Meno attraente la possibilità di vivere in montagna con molti meno soldi, a parità di casa, rispetto alla città: solo il 21% che potrebbe pensare di trasferirsi in montagna per il basso costo della vita, mentre il 18% afferma di essere invogliato dagli incentivi economici che, ricordiamo, cambiano di molto da regione e regione.
Quello che “rema contro”
Se in molti sono attratti dalla vita in montagna, perché non tutti concretizzano questo passo di allontanamento verso la città? Gli intervistati del sondaggio Ipsos puntano il dito sul cambiamento climatico (per il 45%) e sull’incuria dei territori (41%). Ci sono poi dubbi sull’accessibilità ai servizi di base e sul collegamento con i centri urbani (26%), mentre un intervistato su quattro si dice perplesso sulle prospettive per i giovani (25%) e la scarsità di posti di lavoro disponibili (21%).
Cambiamento climatico: dinamica a sorpresa... o equivoco?
Quello che ci colpisce, però, è il dirsi frenati al trasferimento dal cambiamento climatico in montagna, proprio dove l'aumento termico dell'estremizzazione del clima risulta mitigato dall'aumento di altitudine. In tutta franchezza, ci saremo aspettati di vedere il cambiamento climatico tra i motivi attrattori della montagna, non respingenti.
É vero che il cambiamento climatico influisce pesantemente anche sulle quote più alte (lo sanno benissimo, ad esempio, i ghiacciai alpini) ma è altrettanto vero che la calura estiva diventa insostenibile soprattutto in città, dove vivere senza un climatizzatore funzionante è ormai praticamente impossibile per almeno tre mesi all'anno se non di più.
Covid-19, impatto neutro sulla percezione della montagna
Un'altra sorpresa arriva dalle risposte alla seguente domanda posta da Uncem: «La pandemia di Covid-19 è stato un evento che ha spinto più intervistati ad accrescere il proprio desiderio di passare del tempo in montagna, piuttosto che diminuirlo?». A tale quesito il 62% degli intervistati ha risposto che «non ha avuto impatto sul mio desiderio di passare tempo in montagna», quando francamente ci saremo aspettati una quota più bassa in favore di coloro che hanno cambiato la percezione dopo il Covid.
Quelli che hanno più voglia di trasferirsi nelle aree montane, infatti, sono il 17%, ovvero coloro che hanno risposto «lo ha aumentato un po'», mentre il 9% afferma che il desiderio è «aumentato di molto».
Politiche per le aree interne, queste sconosciute
Uncem, così come -nel nostro piccolo- Metropoli Rurali, lavora per la rivalutazione delle zone interne italiane come area vantaggiosa per stabilirsi. Quello che sorprende dal sondaggio Ipsos è la scarsissima percezione pubblica delle attività politiche attorno alle aree interne che cercano di limitarne lo spopolamento. Politiche per la montagna che non sempre raggiungono l'obiettivo, è vero, ma che comunque ci sono. Ad esempio, agli intervistati è stato chiesto se sapessero cosa sono le “Green Communities”.
Ricordiamo che le Green Communities sono comunità locali rurali e montane che «promuovono il proprio sviluppo attraverso la sostenibilità energetica, ambientale e sociale, sfruttando in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono tra cui, in primo luogo, acqua, boschi e paesaggio, e avviando un nuovo rapporto di scambio con le comunità urbane e metropolitane».
Ebbene, oltre il 50% non aveva idea di che cosa fossero, mentre oltre il 30% ne ha sentito parlare senza però avere un'idea precisa della cosa. In altre parole: una disfatta comunicativa che fa capire come il lavoro da fare su queste aree, anche di divulgazione, sia ancora tantissimo.