Stiamo assistendo ormai da almeno due anni ad una serie di cambiamenti storici concentrati in un lasso di tempo ristrettissimo: prima la pandemia e i lockdown, adesso la guerra in Europa con le sue tragedie umanitarie e le fortissimi ripercussioni sull'economia globale. Insieme a tutto questo, alle nostri latitudini non si è mai fermata l'escalation del cambiamento climatico, con periodi caldi e asciutti sempre più prolungati intervallati da forti piogge concentrati in tempi ristrettissimi. In questo scenario particolarmente complesso e difficile, riteniamo che per la vita dell'uomo possano avere una marcia le aree rurali interne rispetto alle grande città, che sopratutto durante la pandemia hanno mostrato tutti i loro limiti sistemici.
Le aree di collina e montagna, vuoi per il clima migliore e molto più vivibile durante l'anno, vuoi per i minori costi di case e servizi, potrebbero presto rappresentare il luogo migliore dove poter stabilirsi nel prossimo decennio. La competizione tra i servizi presenti in città, e la qualità di vita dei piccoli paesi si sta sbilanciando nettamente a favore dei secondi, ritrovandosi così ad essere il brand dominante (per usare un termine di marketing) della situazione. Questo discorso vale, secondo noi, a livello europeo ma -per ora- limitiamoci alla nostre zone di interesse: le aree appenniniche settentrionali. Anche il mondo della politica italiana, con estrema lentezza (occorre riconoscerlo), si sta accorgendo di questo cambio di passo: la politica, quella con P maiuscola, quella abituata a vivere nei grandi palazzi cittadini di Roma, sempre più spesso si ritrova a dover confrontarsi col sindaco del piccolo comune quasi alla pari, se non addirittura in una posizione subalterna.
Gli amministratori che si ritrovano alla guida dei vari comuni presenti sulla fascia appenninica devono essere consapevoli di questo cambio di paradigma destinato ad acuirsi nei prossimi anni: occorre una forte presa di coscienza e di conseguenza di comportamenti e richieste da parte di essi verso la politica centrale. Se anni fa il sindaco del piccolo comune collinare o montano non aveva alcun voce in capitolo tanto da essere quasi snobbato dalla politica centrale nazionale, oggi si ritrova in una situazione ben diversa, completamente ribaltata, si ritrova ad essere attore protagonista in un cambio di paradigma totale.
Badate bene: chi scrive non ha nulla in contrario con le grandi città ed è evidente che queste non si svuoteranno dall'oggi al domani. Anzi, è bene non sia così. Quello che noi vediamo è però una necessità nell'interrompere quel circolo vizioso di ammassamento di “nuove” persone in città per veicolarle o anche solo far presente dell'esistenza di una soluzione abitativa migliore lontano da esse (o quanto meno non troppo vicino), sopra i 500 metri di quota, sopra la fascia dello smog, del caro parcheggi, delle estati senza afa. Anche con questa consapevolezza si riuscirà a chiudere del tutto quel calo demografico che ha caratterizzato le aree a noi care della 'Metropoli Rurali' negli ultimi 40 anni. In parte, lo sta già facendo.